Il potere del pendolo


NEL CUORE DELLE ALPI MARITTIME


Giovanni e Rosa erano rientrati dal Venezuela dopo un’assenza di oltre quattro mesi dalla loro cittadina ai piedi delle Alpi Marittime. Il tempo ne era passato da quando il nipote li aveva invitati a trascorrere un po' di tempo nella regione di Rosario a circa cinquecento chilometri dalla capitale Caracas. Dopo il decesso del fratello, Giovanni era riuscito ad accantonare un po' di soldi, diciamo abbastanza soldi, per andare a visitare il luogo dove visse suo fratello Baldo partito in cerca di fortuna nel dopoguerra, nel 1952.



Dalle poche lettere si sapeva che negli anni aveva raggiunto un certo benessere e invitò più volte il fratello Giovanni a venirlo a trovare e rinsaldare il vincolo familiare non proprio intenso, soprattutto a causa della situazione sociale ed economica della fine dell’ultima guerra quando ebbero la tristezza di trovarsi in una grande povertà per la scarsità di beni alimentari e mancanza di lavoro. Baldo ebbe il coraggio di lasciare tutto e con i pochi soldi che aveva accantonato con lavori frugali, partì da solo dal porto di Genova con un mercantile zeppo di emigrati, molti diretti al porto di La Guaira vicino a Caracas ma altrettanti che avrebbero poi proseguito per la zona centrale di quello Stato. Il primo decennio fu molto difficile tra il problema della lingua spagnola e la convivenza con i lavoratori locali che, per la verità, non vedevano di buon occhio i miserabili italiani che erano arrivati per rubare il lavoro a loro. Poi le cose migliorarono, i venezuelani compresero che quei migranti non volevano rubare niente a nessuno, le acque si calmarono e finalmente Baldo potette conquistare la luce di un buon livello economico come capo squadra della cooperativa del porto di La Guaira

Furono bei ricordi e soprattutto il rapporto con il nipote Camillo, sposato con una intraprendente venezuelana, rincuorò i sentimenti di affetto e promesse di invito a trascorrere un po' di tempo in quella cittadina nel cuore delle montagne piemontesi.

Il pensiero di loro era forte ma bisognava continuare la vita e affrontare il clima molto differente da quello di Rosario, il vento gelido che proveniva dalle montagne piemontesi fischiava nei vicoli stretti e anche in casa, attraverso le finestre di legno risalenti a quant’anni indietro.

Aprirono le valigie e misero a posto tutto l’abbigliamento nel guardaroba e le specialità alimentari, sfuggite al controllo dogana dell’aeroporto, di cui loro erano rimasti ghiotti.

Giovanni prese i documenti di viaggio inclusi i passaporti per metterli al sicuro nella piccola cassaforte in salone protetta da un quadro non interessante a prima vista. Cercò la chiave in ogni luogo, nella scrivania, nel maggiolino, nella libreria, per disperazione anche nei comodini della camera da letto, niente da fare, la chiave non voleva uscire fuori. Era importante collocare i passaporti in protezione ma soprattutto prendere un migliaio di euro dalla somma accantonata nella cassaforte per affrontare le spese accumulate durante la loro assenza. La moglie Rosa non ci pensò due volte e spinse il marito a chiamare un fabbro come ultima soluzione. Quella idea voleva significare di affrontare un lavoro complesso perché il fabbro avrebbe dovuto estrarre dalla parete l’intera cassaforte e poi aprirla con la fiamma ossidrica per renderla in definitiva inutilizzabile ma alla fine completamente spalancata.

Giovanni chiese una pausa e mise da parte momentaneamente l’intervento del fabbro.

Il giorno dopo ritenette di avere la giusta soluzione e ne parlò con la sua Rosa, dovevano rivolgersi ad un noto radiestesista che abitava in una cittadina a trenta chilometri da loro, famosa oltretutto storicamente per dei fatti incresciosi accaduti nel XVI secolo dove i domenicani ebbero il compito di bruciare sul rogo le donne che avessero un minimo principio di anti religioso, denominate con troppo facilità come streghe. In quel secolo ci fù una bella “arrostita” con la partecipazione dell’intero paese costretto a vedere cosa significava andare contro la Chiesa.

L’ispirato dalle scienze occulte si chiamava Odon, più noto nella zona come Odin. Riuscirono a rintracciare il numero di telefono e fissarono un consulto per il dopo domani. Dovevano nel frattempo disegnare su ciascun foglio formato A4 i locali della loro casa, con la disposizione dei relativi mobili, per cui a cominciare dalla cucina, disegnare l’angolo cottura, il frigo, i mobiletti di appoggio e così via per gli altri locali, poi il corridoio, il salone, il bagno e la camera da letto. Senza queste mappe, il pendolo di Odin non avrebbe potuto ricevere la richiesta. Era quindi molto importante presentarsi con quei documenti anche se non perfettamente disegnati.

Con l’auto riuscirono a parcheggiare un po' fuori dalla cittadina perché era vietata la circolazione, i vicoli erano ultra stretti e anche volendo insistere non c’era proprio spazio.

Dopo dieci minuti di camminata, giunsero al palazzetto di due piani, al campanello un solo nome, Odon. Entrarono nell’ampio studio, il maestro del pendolo come era nominato e riconosciuto nella zona era seduto dietro la scrivania antica intarsiata, li stava già aspettando. Una luce diffusa a causa soprattutto dagli edifici attorno all’edificio che ostacolavano i raggi del sole. Solo nelle ore centrali della giornata il sole riusciva a creare un varco. Alle pareti dei grandi posters di schemi più utilizzati per le previsioni con il pendolo.

Giovanni e Rosa erano un po' agitati per mettere nelle mani di un estraneo il loro problema ma con la tranquillità di esposizione di Odon si rilassarono e cominciarono ad esporre la loro necessità di rintracciare nella loro casa la chiave della piccola cassaforte e anche la seconda chiave del telecomando dell’auto che Rosa non ricordava più dove l’avesse messa. Consegnarono al maestro radiestesista le mappe dell’appartamento in fogli A4.

Odon osservò con molta attenzione la disposizione dei mobili in ogni foglio, accese tre candele di cera già pronte sulla scrivania, chiese di concentrarsi sulle richieste formulate e di recitare una preghiera, dopo qualche minuto sollevò il pendolo di ametista con la catenina d’argento stretta tra l’indice e il pollice.

Si iniziò con la ricerca della chiave della cassaforte.

Intanto si era sollevato un vento forte che con dagli spifferi delle finestre un po' vecchiotte, come succedeva a casa loro, emetteva un sibilo leggero alternato a momenti di calma.

Si incominciò con la cucina, il pendolo rimase fermo, oscillò un poco ma tornò ad essere immobile.

Odon prese un altro foglio quello del corridoio. Altra concentrazione ma nessun mobile e neanche il maggiolino sede possibile della chiave inviò un segnale e anche in questo caso il pendolo non reagì. Il terzo foglio rappresentava la sala contenente la libreria, la scrivania e il rack degli apparecchi di elettronica. Il maestro diresse il pendolo sull’arredamento cominciando da quello più piccolo la scrivania. Piccola oscillazione ma nessun indice di risposta. Il mobile dell’amplificatore, giradischi, decoder e altro, nel movimento confuso del pendolo si pensò che forse avesse trovato il punto in cui cercare la chiave. Niente, il pendolo si fermò. Non restava altro che puntare sulla libreria. Il quel momento Giovanni e Rosa apparivano un po' sfiduciati ma oramai erano nelle mani del maestro radiestesista e seguirono la sua espressione e soprattutto fissando quel pendolo. La libreria aveva due ante superiori e altre due inferiori, di solida noce. Con il pendolo stretto tra l’indice e il pollice, attesero che cominciasse a muoversi. Il movimento partì alla grande, prima circolare abbastanza ampio e dopo verticale, in brevi attimi quel movimento si marcò con intensità, a quel punto Odon fermò il pendolo e lo baciò, avevano trovato il primo luogo di ricerca. Tuttavia siccome la libreria aveva un piano superiore e inferiore, bisognava concentrarsi su quei due luoghi e incominciarono da quello inferiore, molto più probabile perché a portata di mano. Odon puntò il pendolo al piano inferiore, al centro dei due sportelli.

Concentrazione massima e il pendolo cominciò a oscillare nel movimento circolatorio per poi muoversi in maniera verticale verso sinistra, insistendo in quella direzione. Il pendolo aveva indicato il luogo giusto dove era stata depositata la chiave della cassaforte.

La prima richiesta era stata risolta.

Una breve pausa per un caffè che il maestro si adoperò a preparare e portare alla scrivania.

Pochi commenti favorevoli per non allontanare la concentrazione.

Ricominciarono a porre sotto il pendolo la mappa di altri locali e cominciarono dalla camera da letto con due armadi guardaroba, due comodini e un settimino.

Le candele erano consumate a metà. Odon riprese il pendolo per la catenina d’argento e lo puntò verso il primo armadio vicino alla porta. Gira e rigira, movimento circolare ed infine quello verticale. Si bloccò leggermente e poi si animò verticalmente verso la parte bassa dell’armadio dove erano appesi gli indumenti usati più spesso da Rosa. Era in quel luogo dell’armadio che avrebbero dovuto cercare il secondo telecomando dell’auto. Non c’erano dubbi, Il pendolo affermava sempre la verità, nella vita professionale di Odon non ci furono indicazioni errate da parte del suo pendolo, dovevano quindi stare tranquilli e praticare la ricerca a casa loro con serenità e un po' di pazienza.

Pagarono quanto dovuto e il maestro li accompagnò alla porta. Ora Giovanni e sua moglie uscirono dallo studio rincuorati e soddisfatti, avevano trovato il professionista esperto. Non rimaneva altro che avviare le ricerche una volta rientrati a casa.

Come spesso accade dopo qualche ora di tensione e soprattutto per la vicinanza dell’ora di pranzo, Giovanni propose di andare ad un ristorante che attirava molti clienti tra il borgo antico aggrappato alla montagna con vista alle Alpi Marittime e alla loro cittadina.

Scelsero come primo piatto agnolotti del Plin al burro e salvia, secondo brasato al barolo, un budino Bònet, il tutto accompagnato dal vino Nebbiolo. Dovevano omaggiare il buon risultato con il radiestesista con la buona cucina delle Langhe.

Passeggiarono un po' nelle vie strette, presero un buon caffè e poi in auto presero la strada del ritorno.

Una volta a casa, era già quasi sera, rimandarono la ricerca delle chiavi al giorno dopo, il brasato molto buono gironzolava nello stomaco e ricorsero all’aiuto del bicarbonato.

Il giorno dopo cominciarono le ricerche iniziando dalla libreria. Non era una cosa semplice cercare in quello scomparto in basso a sinistra per la tanta roba e oggetti accumulati nel tempo. Giovanni cercò e ricercò ma la quantità di cose impediva il risultato. Non si scoraggiò. Fece una pausa mentre Rosa spingeva il marito a telefonare al maestro Odon. Giovanni non lo volle fare e in un attimo si accese la lampadina della memoria, doveva avere nel maggiolino un piccolo cercatore di metalli, il metal sensor, che usò tempo addietro per individuare dove passavano i fili elettrici e telefonici nelle pareti. Controllò il suo funzionamento, la batteria era in buono stato e cominciò a cercare la famosa chiave. Dopo pochi attimi si sentì il segnale tipico dell’intercettazione del metallo. Allungò la mano in quel punto preciso e trovò la chiave. L’entusiasmo era alle stelle voleva già congratularsi con il maestro Odon ma la moglie lo fermò, bisognava attendere il risultato della ricerca del secondo telecomando dell’auto.

Andarono nella camera da letto e con l’aiuto del cercatore di metalli mossero il braccio verso tutti gli angoli e ripiani, nessun segnale veniva avvertito, sicuramente era in quella porzione dell’armadio. Ripetettero la ricerca più volte ma senza risultato. Decisero di prendersi una pausa di qualche giorno.

L’indomani il tempo era cambiato alla barba delle previsioni, la temperatura scesa di ben otto gradi, per uscire di casa bisognava per forza indossare il piumino e così Rosa si preparò all’uscita per andare a far spesa. Mise le mani nella tasca del piumino e con sorpresa, molta sorpresa, trovò il secondo telecomando dell’auto che era nascosto sotto un camicione e quindi sfuggito al metal sensor. Sembrò aver vinto la battaglia contro gli austriaci ed insieme gioirono fino a telefonare al maestro Odon per informarlo che le chiavi erano state trovate nel luogo indicato dal suo pendolo favoloso e lo ringraziarono.